Volturnum (greco: Οὐουλτοῦρνος), antica città della Campania corrispondente all'attuale Castel Volturno, provincia di Caserta. Importante base militare al tempo dell'assedio di Capua durante la seconda guerra punica (211 a. C.), fu poi colonia romana (194 a. C.).

I primi abitanti della piana del Volturno il più importante dei corsi d’acqua dell’Italia Meridionale, furono gli Opici, i quali nel IX sec. a.C. si insediarono alla foce del fiume Volturno, per cacciare, pescare, allevare animali e coltivare i campi circostanti (Eneide VII, 728-9). Il primitivo insediamento umano, da essi creato, dovette andare sempre più affermandosi e acquistando un vero e proprio ruolo, come centro di raccolta e commercio dei prodotti provenienti dal più ricco entroterra capuano, allorquando iniziarono i rapporti commerciali con i naviganti fenici, greci ed etruschi.

Questi ultimi, che avevano risalito il fiume Volturno, unica via di transito per raggiungere dalla costa l’entroterra e si erano stabiliti intorno al 650 a.C. a Capua, risistemarono Vulturnum, l’insediamento fluviale marittimo degli indigeni, creando un vero e proprio centro di scalo, un porto franco, per l’accumulo e vendita delle merci di tutto il territorio circostante, collegandolo alla dodecapoli, il sistema federale sacrale, mediante il quale essi riunirono sotto il comando di Capua le dodici più importanti città dell’Etruria campana (Acerra, Calatia, Ercolano, Marcina, Nocera, Nola, Picentia, Pompei, Saticula, Suessula, Vulturnum) dopo aver trasformato i vecchi borghi, dove si insediarono, architettonicamente, civilmente, religiosamente e politicamente.

Gli Etruschi furono costretti ad abbandonare le loro colonie in Campania, sostituiti da montanari di lingua osca, affini ai Sanniti, che nel 430 a.C. conquistarono Capua. Dalla fusione di questi popoli di origine sannita con gli Opici e parte dell’elemento etrusco e greco acclimatatosi nacque la nazionalità Osca. Gli Osci insediatosi nella piana campana, seguendo l’esempio degli Etruschi, si dettero anch’essi una organizzazione federale, di quella con a capo Capua faceva parte anche Vulturnum, che continuò ancora per secoli a svolgere il suo ruolo di emporium. Nel 290 a.C. con la conclusione della terza guerra sannitica, il territori campano con tutte le sue ricche città, tra cui Vulturnum, passò nelle mani dei Romani.

La città di Volturnum acquistò grande importanza strategica durante la seconda guerra punica, quando restò fedele alleata dei Romani, i quali a detta dello storico Tito Livio la rinforzarono di nuove e più forti mura per essere da riparo alla flotta romana, che giungendovi dalla Sardegna e dall’Etrilia e risalendo la corrente del fiume fino a Casilino, trasportava le vettovaglie per l’esercito romano (Ab urbe condita libri XXV, 20) che assediava Capua, che dopo la battaglia di Canne (216 a. C.) si era alleata con Annibale.

Conclusasi la guerra per pacificare la regione fu decretato dal tribuno delle plebe Gaius Atinius di fondare cinque colonie sulla costa campana, così nel 194 a.C. Volturnum divenne, durante il secondo consolato di Publius Cornelius Scipio (Scipione) e di Tiberius Sempronius Longus (Sempronio), colonia romana ed accolse 300 famiglie dell’Urbe sul suo territorio (Ab urbe condita libri XXXII, 29. 3-4).

Volturnum, dopo l’assassinio di Gaius Julius Caesar (Giulio Cesare) nel 44.a.C., fu coinvolta nelle lotte civili, che si accesero tra Gaius Iulius Caesar Octavianus Augustus (Ottaviano Augusto) e Sextus Pompeius Magnus Pius (Sesto Pompeo), ecco perché la città subì, da parte del liberto Menecrate sostenitore di questo ultimo, una incursione dal mare (Stradone, Geografia V, 4.4), che causò non pochi danni all’abitato e al porto, perciò Augusto, diventato imperatore (27 a.C.) vi inviò una nuova colonia di cittadini romani, che favorita dalla pax imperiale, prosperò notevolmente.

Il piccolo borgo fortificato si trasformò in una vera e propria urbs, retta da due duunviri e preposta non solo alla difesa militare della foce del fiume sulle cui rive era ubicata, ma anche allo sviluppo del territorio circostante e al pacifico svolgimento delle attività commerciali della zona. Il massimo sviluppo la città lo raggiunse nel 95 d.C., quando l’imperatore Titus Flavius Domitianus (Domiziano) fece costruire, su un preesistente tratturo di campagna, una strada lastricata, che poi in suo onore prenderà il nome di via Domiziana e un maestoso ponte sul fiume Volturno, in prossimità dell’abitato di Volturnum, che dovette prosperare in modo notevole, poiché era diventato un luogo obbligato di passaggio, per chi da Roma doveva recarsi a Napoli in breve tempo. L’opera viaria e il ponte furono tali, che il poeta Stazio gli dedicò un lungo carme per celebrarne la memoria (Silvae IV), mentre altri poeti latini, tra i quali Publio Virgilio Marone (Publius Vergilius Maro) (De lingua latina V, 4.29), Publio Ovidio Nasone, noto semplicemente come Ovidio (Publius Ovidius Naso), (Metamorfosi XV, 714), Marco Anneo Lucano (Farsaglia II, 422), Tiberio Cazio Asconio Silio Italico (Tiberius Catius Asconius Silius Italicus) (Puniche VIII, 527-8) ricordano nelle loro opere le acque tumultuose e inquiete del fiume Volturno, mentre altri ancora l’antica città, tra questi Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (Gaius Plinius Secundus (Historia Mundi III, 9), Pomponio Mela (De Chorographia II, 4.70), Tolomeo Claudio (Geographia III, 1.6).

La diffusione del cristianesimo a Volturnum dovette essere ostacolata dai fedeli del dio Volturno (Varrone, De lingua latina VI, 3.21) che era l’antica divinità pagana adorata dagli indigeni e poi dai Romani. Volturno era il dio di tutto ciò che scorreva con corso sinuoso, ebbe un proprio sacerdote il flamen Volturnalis e una propria festa le sacre Volturnalia, che si celebravano il 27 agosto. Il mito lo faceva ardente amante della ninfa Calata e padre della ninfa Giuturna. Il poeta Stazio, che aveva ammirato la statua del dio collocata sul parapetto del ponte voluto dall’imperatore Domiziano, lo descrive adagiato come un commensale sul letto conviviale, con il capo e le chiome intrecciate da molli canne palustri, mentre con voce roca e gorgogliante si lamentava di dover sopportare il gioco delle grandi arcate, che sorreggevano la sovrastante via Domiziana, mentre prima era avvezzo a tollerare appena il peso di una traballante zattera e le sue acque torbide e minacciose era assuefatte a trascinare via campi e boschi nel suo letto.

Il Cristianesimo dovette affermarsi nella città di Volturnum con l’arrivo nel IV sec. d.C. del vescovo Castrense. Secondo la leggenda, durante il regno degli imperatori Valentiniano I (364-375) e Valente (364-378) sarebbe giunto, proveniente dall’Africa via mare insieme ad alti cristiani, san Castese, il quale perseguitato in patria per non essersi voluto arruolare nell’esercito, era stato condannato ad imbarcarsi su un nave marcia, che portata al largo sarebbe dovuto affondare, ma per volere divino essa veleggiò sicura e approdò alla foce del Volturno e qui egli avrebbe svolto il suo magistero di vescovo e creata una stabile comunità cristiana, la quale alla sua morte avrebbe edificato una basilica in suo onore.

La città fu sede vescovile dal V secolo in poi, come testimoniano le sottoscrizioni del vescovo Paschasius ai concili romani del 499, 501 e 502. La città romana di Volturnum, con la caduta dell'Impero romano d'Occidente, le invasioni barbariche e il crollo del ponte domizianeo perse il suo prestigio. Nell'806 Grimoaldo, principe di Benevento donò il porto di Volturnum all'Abbazia di Montecassino, al tempo dell'abate Teodomaro. Nell'841 la città subì devastazioni e distruzioni ad opera dei Saraceni e fu abbandonata.

Dopo l'856 il vescovo longobardo Radiperto, su un'arcata superstite del ponte domizianeo, fece erigere un castello fortificato e ricostruì la chiesa che raccoglieva le spoglie di San Castrese. Nell'988 erano conti di Castri maris Volturni i fratelli longobardi Daoferi e Daoferio, dopo il 1062 il normanno Riccardo I conte di Aversa donò nuovamente il castello di Volturnum al Monastero di Montecassino; nel 1128 Roberto II (1127-1157), ultimo discendente dei conti normanni di Aversa, concesse allo stesso monastero di Montecassino il privilegio di pescare nel mare e nel fiume di tutto il territorio di Castello a mare del Volturno; durante il regno di Ruggero II re di Sicilia (1127-1154), il castello fu tolto a Ugone conte di Boiano, che lo aveva occupato.

L'imperatore Federico II di Svevia, nel 1206, lo cedette alla mensa arcivescovile di Capua; nel 1304 Carlo d'Angiò lo fece custodire dal capitano della stessa città di Capua come piazzaforte militare; Ladislao (1386-1414) lo donò a Jacopo Sannazaro nonno dell'omonimo poeta, mentre la regina Giovanna II (1414-1435) lo recuperò come bene della corona, così che il nuovo sovrano Alfonso I d'Aragona lo donò alla figlia Eleonora e questa lo portò in dote al marito Marino di Marzano duca di Sessa, il quale lo perdette per essersi ribellato al cognato Ferrante I d'Aragona re di Napoli (1459-1496), il quale per occuparlo dovette farlo assediare nel 1460 da Antonio Piccolomini e questi, per entrarvi, dovette far giungere da Napoli delle bombarde che abbatterono parte delle mura.

L'anno dopo il sovrano lo vendette per 4.387 ducati dalla città di Capua, che lo tenne in suo possesso fino all'abolizione della feudalità nel 1810. Nel 1812 fu creato comune autonomo ed ebbe come primo sindaco Giuseppe Toscano, da allora in poi seguì le vicende storiche e politiche del Regno delle Due Sicilie, dal 1860 quelle del Regno d'Italia e dal 1945 quelle della Repubblica Italiana.

Castel Volturno, da castello fortificato a piccolo borgo agricolo, ha subito una notevole trasformazione grazie alle intense bonifiche del Ventennio fascista e dal 1954, quando ultimata la nuova via Domiziana e il nuovo ponte sul fiume Volturno, ha conosciuto un rapido e disordinato sviluppo edilizio, dovuto anche alla creazione di centri turistico balneari come Pinetamare e Baia Verde.

Con fatica tra anni settanta e ottanta del XX secolo, il territorio ha cercato di limitare i danni di un'urbanizzazione disorganizzata tipica un po' di tutto il paese, con gli importanti successi dell'istituzione di due importanti parchi, ritenuti tra i più interessanti del Mediterraneo: la Riserva naturale Castel Volturno e la Riserva naturale dei Variconi detta Oasi di Castel Volturno comprese nella Riserva naturale Foce Volturno - Costa di Licola, ovvero nell'Ecoparco del Mediterraneo.