Gioia Tauro ha origine dalla magno-greca Metauros, sorta intorno al VII secolo sull'altopiano coincidente con l'attuale centro cittadino, la cui esistenza è stata confermata in numerose campagne di scavi. I reperti archeologici rinvenuti sono custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e presso il Metropolitan Museum di New York qui giunti, probabilmente, a causa della dispersione nel mercato antiquario americano sul finire dell'Ottocento con l'arrivo di un'ondata imponente di migranti da ogni parte della Calabria.

La città vantava una vivace produzione artigianale di ceramiche, bronzi, anfore attiche e corinzie e si distingueva anche per una fervida attività culturale: nel 630 a.C. vi nacque il più grande lirico greco, Tisia (detto Stesicoro).

Nel 445 a.C. viene invasa dai Bruzi ed essendo posta al confine tra la Repubbliche di Locri e Reggio è continuamente devastata. Intorno al III secolo a.C. si notano contatti con Roma. Nei cantieri navali di Metauros, come in quelli di Ipponio (Vibo Valentia) e Rhegium (Reggio Calabria), si approntano le navi che serviranno nelle guerre puniche ai Romani. Questi, nel 201 a.C., si insediano sul territorio e, oltre a mutare il nome in Metauria, provvedono nel 130 a.C. a far passare da qui la via Popilia (pressoché l'attuale tracciato dell'autostrada A3) e a realizzare nuovi impianti urbani con sistema ortogonale. Col passare dei secoli, però, la città diviene una semplice stazione navale identificata col nome del vicino fiume Metauros (oggi Petrace) e così viene ricordata durante il regno di Tiberio (14-37 d.C.).

Nel 69 d.C. pare rianimarsi fino a quando due ondate di pestilenza, nel 166 e nel 189, non ne provocano il quasi totale spopolamento.

Nel 568, è preda dei Longobardi che la devastano e costringono i pochi abitanti a riparare nella Piana ove vi rimangono fino al Mille. I superstiti, nell'883, subiscono anche le prime scorrerie dei pirati.

La città riappare, con la denominazione di Johe, nel 1271 in un registro di Carlo I d'Angiò. Per l'importanza strategica lungo la costa ospita, il 30 marzo 1283, il primo parlamento della storia ove il pontefice Onorio IV, con dignitari, ecclesiastici, feudatari e rappresentanti della Piana discutono e approvano dei “capitula” per fermare l'imminente invasione degli aragonesi che, attestatisi a Johe nel giugno 1284, vengono colpiti invece dalla malaria.

Nel 1305 è possedimento di Ruggiero di Lauria e segue le vicende del casale di Terranova ma, non molto tempo dopo, passa a Nicolò Joinville. La moglie di questi, Margherita di Laurìa, la dona in eredità al proprio nipote Roberto Sanseverino nel 1341 e successivamente ereditata dai figli di questi, Ruggiero e Roberto, e poi da Enrico Sanseverino, detto il Ribelle, conte di Terranova e signore di Gioja che verrà ucciso nel 1422 dal re Ladislao.

Intorno al 1425 le famiglie Borgese e Caracciolo ne sono feudatarie e sono tra i dignitari che prendono parte alla “Congiura dei baroni”. Quando, nel 1444, Antonio Centelles riconquista la Calabria per il re Alfonso I, i capitani Grimaldi e Baldassino incendiano la città.

Nel 1479 viene acquistata per 80.000 ducati dal barone Aniello Arcomone e ha una notevole parte nel successivo periodo delle guerre fra gli spagnoli e i francesi per il predominio sul regno di Napoli. Il 21 aprile 1503, infatti, la battaglia di Gioja (passata alla storia come la terza “battaglia di Seminara”) determinerà la vittoria di Ferdinando il Cattolico sul francese monsignor d'Aubigny.

Nel 1535, ancora un 21 aprile, si registra un'invasione di pirati che si scontrano con gli 80 soldati della locale guarnigione costiera del capitano Francesco Ruiz che erano riusciti ad avvistarli. Il viceré don Pedro de Toledo, quindi, dispone la costruzione (nel 1565) di nove torri di guardia lungo tutto il golfo dove, in ognuna di esse, vi avrebbero stazionato i Cavallari (guardie a cavallo) in comunicazione visiva tra loro. Ma, la domenica delle palme del 1568, vi è un nuovo sbarco di pirati con il rapimento di numerosi cittadini.

Il 10 marzo 1574 la città, per 280.000 ducati, diviene possedimento della famiglia Grimaldi (che la terrà in feudo fino al 1806).

La notte del 24 giugno 1625 Gioja viene assaltata dai corsari sbarcati da cinque galee. I Cavallari segnalano il pericolo, ma non vengono creduti. Nell'occasione si registrano 10 persone rapite che verranno successivamente riscattate. Un nuovo assalto di pirati si verifica il 20 giugno 1638, malgrado il vicario generale Giovan Tommaso Blanch avesse informato i sindaci delle terre di Rosarno e Gioja del pericolo imminente.

Nel 1653, in seguito alla riforma operata dal papa Innocenzo X, viene soppresso il convento basiliano.

La fine del secolo XVII e l'immediato inizio del XVIII vede realizzate le vecchie aspirazioni da Elisabetta Farnese a cui viene riconosciuto e assegnato il Regno. Don Carlo, infatti, suo primogenito, nel suo viaggio per Palermo (dove verrà incoronato Re il 3 giugno 1735) viene ospitato a Gioja dal principe Gian Francesco Grimaldi.

Il 5 febbraio 1783 la città è interessata dal “Flagello della Calabria”, un terribile terremoto. Nel borgo “Piano delle Fosse” fuoriescono dal suolo enormi correnti di fango che in un attimo distruggono i granai e provocano la totale perdita del vino e dell'olio. Si registrano pure 18 morti (fra i quali 7 bambini) e i danni ammontano a 100.000 ducati.

È protagonista nell'impresa dei Sanfedisti in Calabria ove il cardinale Ruffo è presente il 21 febbraio 1799 allorquando l'uditore Angelo di Fiore chiede, da Gioja, a Francesco Prestia e Antonio Romano in Mileto di procurare alloggi necessari per 10.000 persone.

Appena tre anni dopo si registrano nuovi invasioni di algerini e tunisini ma costoro fanno naufragio e vengono catturati. Nel 1805 Napoleone, accusando i Borbone di tramare contro di lui, pone termine alla dinastia. Ma nel 1807 la propaganda borbonica è particolarmente attiva tanto che, sui muri cittadini, appaiono i manifesti per incitare la gente alla rivolta. Viene distaccato così il IV reggimento di linea al comando del generale Gallone.

Riconquistato il Regno, nel 1814, i Borbone aprono Gioja ai commerci con Napoli istituendo poi un regolare servizio marittimo nel 1844 e facilitando l'arrivo di moltissimi amalfitani che diverranno la spina dorsale del commercio cittadino. Ma anche dei Borbone la popolazione è stanca e comincia a manifestare sempre più apertamente per la causa italiana. I patrioti gioiesi Francesco Gullace e Carmelo Silipigni vengono catturati nel 1848 e condannati al confino. Il 24 agosto 1860 Garibaldi conquista la città anche se deve contrastare le ormai esauste armate borboniche. Il 17 marzo 1861 viene proclamato il regno d'Italia. Due anni più tardi, il 26 marzo, viene concesso a Gioja di fregiarsi dell'appellativo “Tauro”.

Gli impianti industriali sorti subito dopo l'Unità (1864), le migliorate condizioni economiche generali, l'imminente arrivo della ferrovia (1887) portano il Comune a proporre, nel 1874, a quello di Rosarno la costruzione di un porto. Gli amministratori rosarnesi, malcelando l'invidia per il ricco commercio gioiese, rispondono negativamente ben due anni dopo. Ma ormai il dado è tratto. Viene decisa (1911-1924) anche la costruzione di due linee ferroviarie a scartamento ridotto (le odierne Ferrovie della Calabria).

Pagine gloriose le scrivono i combattenti gioiesi nella guerra italo-turca, nella prima guerra mondiale, nella guerra d'Africa, nella guerra di Spagna e nella seconda guerra mondiale. Quest'ultima guerra recherà gravi lutti alla popolazione che subisce ben tre bombardamenti (1943).

Ma altrettanti pagine gloriose le scrive la marineria gioiese facendo registrare negli anni cinquanta un imponente traffico marittimo che portano la città a emergere nel meridione d'Italia per il dinamismo commerciale. Fioriscono così molte industrie e opifici.

Nei successivi anni settanta, in seguito anche a un'imponente rivolta di popolo passata alla storia come i "moti di Reggio" viene deciso di costruire un gigantesco porto al servizio di un fantomatico centro siderurgico (che non verrà mai costruito). Il porto, aperto al traffico dal 25 luglio 1991, è oggi utilizzato soprattutto come terminal containers.