La presenza di insediamenti umani a Vizzini risale a tempi molto antichi: ciò è testimoniato dalla presenza di numerose grotte trogloditiche e da ritrovamenti risalenti alla tarda età del bronzo (di questo periodo sarebbe il "ripostiglio" ritrovato da Ippolito Cafici, in contrada Tre Canali, oggi esposto nel Museo Paolo Orsi di Siracusa). Secondo alcuni storici Vizzini sarebbe in realtà l'antica Bidi menzionata da Tucidide, Cicerone e Plinio. Tucidide, in particolare, narra di un certo Feace inviato in Sicilia dagli Ateniesi come ambasciatore per procurare, tra le colonie ioniche di Sicilia, alleati in favore dei Leontinesi per la guerra che questi condussero contro Siracusa nel V secolo a.C. Il fatto che Vizzini rispose a quell'appello conferma (insieme ai reperti archeologici rinvenuti in epoca greca) che la cittadina esistesse già prima del V secolo a.C. e che avesse raggiunto uno sviluppo tale da suscitare le attenzioni della potenza ateniese.

Il nome "Vizzini" si formò gradatamente, subendo diverse modificazioni fonologiche a causa di influenza apportate dai Greci, Latini, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Spagnoli, Austriaci, Francesi. In origine il nome fu "Bidi", dal greco "be-dis" (andò due volte) perché, come afferma il Carta, l'antico fiume Achates (oggi Dirillo o Fiumegrande) lambiva da due parti il colle, sulla cui vetta fu fondata la città. Poi, sotto gli Arabi, la parola subì un'altra trasformazione. Infatti le lettere "d" e "z" in arabo sono scritte con lo stesso segno distinto da un punticino, in seguito trascurato, per cui invece di "Bidini" fu scritto "Bizini" divenne "Vizini", con una sola zeta, ed infine "Vizzini", con due zeta, per l'uso dialettale in alcuni centri siciliani di pronunciare raddoppiate alcune consonanti. Altre ipotesi sull'etimologia del nome dicono che Vizzini potrebbe riferirsi all'antica Bidis, menzionata da Cicerone. Secondo alcuni potrebbe derivare dal cognome salentino Vizzino o Vizzi, secondo altri dal termine otrantino vizz'i, mammella. Poche notizie si hanno quindi delle dominazioni greca, romana, bizantina e araba.

Al periodo normanno risale la descrizione del celebre geografo Al Idrisi, che la descrive così: "siede alle falde d'un monte, ha i campi da seminagione e un buon terreno". Nel 1105 è signore di Vizzini il normanno Achinus de Bizino, padre di Charluuri e di Galduino. Nel 1177 figura tra i testimoni alle nozze del re di Guglielmo II di Sicilia con Giovanna d'Inghilterra il conte Robertus de Bizino. È in questo periodo che si andò formando, attorno al Castello (che diventerà carcere in epoca borbonica, oggi non più presente), il primo nucleo della città, circondato da mura.

Secondo la tradizione, nel 1224, Sant'Antonio da Padova fondò nella cittadina il Convento dell'Annunziata, cosa per altro improbabile, visto che il santo di Padova era già partito con dei frati da Messina per salire l'Italia.

La città conobbe un momento importante della sua storia quando, nel 1252, Corrado I di Svevia, re di Sicilia, le concesse il privilegio di "perpetua demanialità", impegnandosi a non concederla più in feudo. E anche quando, per ben sei volte, fu ceduta ad un feudatario, la città riuscì sempre ad affrancarsi.

Nel 1255 papa Alessandro IV concesse Vizzini a Ruggero Fimetta, ma quando Manfredi diventò re di Sicilia, questi nominò conte di Vizzini Federico Maletta, alla cui morte, nel 1260, la città tornò verosimilmente demaniale.

Nel 1266 Vizzini passò con il resto della Sicilia sotto la dominazione angioina, ma nel 1282 la cittadina partecipò alla rivolta dei Vespri siciliani. Secondo Filadelfo Mugnos i baroni che organizzarono il moto a Vizzini furono il castellano Arnaldo Callari e Luigi Passaneto. Con l'intervento di Pietro III d'Aragona, passò con il resto della Sicilia sotto la dinastia aragonese.

Nel 1299, in piena guerra tra Federico III d'Aragona e Carlo II d'Angiò per il possesso dell'isola, la città, guidata dai suoi nobili cittadini Giovanni Callari (o di Callaro), Tommaso Lalia e Giovanni Landolina, si ribellò al sovrano aragonese riconoscendo come re di Sicilia il secondo. In questa fase di vera e propria guerra civile siciliana (in tale periodo iniziano infatti le lotte tra la fazione dei Latini, filoangioina, e la fazione dei Catalani, filoaragonese), i Vizzinesi saccheggiarono la vicina città di Gulfi (oggi Chiaramonte Gulfi). Da qui nacque la storica rivalità tra le due cittadine.

Dopo la pace di Caltabellotta (1302), la città passò definitivamente sotto la dinastia aragonese e venne concessa prima a Manfredi Alagona, quindi al conte di Licodia Ughetto Santapau, nonostante fosse stata assegnata alla "Camera Reginale", istituita da Federico III nel 1361.

Solo nel 1403, dopo la ricostituzione della "Camera Reginale" a favore di Bianca di Navarra, Vizzini riacquisì la libertà.

Nei primi anni del XV secolo, la città modificò la sua struttura urbanistica espandendosi oltre le mura medievali, soprattutto verso est, sulla collina del Calvario, trovando tre assi principali di espansione che corrispondono alle attuali via Roma, via V. Emanuele e via San Giovanni. Durante il regno di Carlo V d'Asburgo la città, sia per arginare le pretese dei baroni vicini, sia per ingraziarsi il potere dei sovrani, cominciò ad acquistare, con ingenti somme, una serie di "privilegi" e "titoli", come quello di "Perpetua Demanialità", "Mero e Misto Impero", "Città Obbedientissima", ed ottenne anche la possibilità di eleggere un vero e proprio Consiglio Municipale. Vizzini fu annoverata tra le cinque città "reginali" dell'Isola, occupando il 28º posto nel Parlamento del Regno Siciliano. Insignita dello stemma reale, ebbe quindi, nel 1540, il titolo di "Obbedentissima" e fu equiparata alle città di Palermo, Catania, Messina nei privilegi, onori ed oneri e nelle immunità. Fu importante centro nobiliare e accolse le ricche famiglie baronali e patrizie dei Catalano, Gaudioso, Ventimiglia, Cannizzaro, Cafici, Giusino, Rinaldi, Caffarelli, Passanisi, Gandolfo. E, soprattutto, dei vari rami cadetti del barone Verga di Fontanabianca, il cui capostipite fu Antonio, figlio di Laian Gonzalo de Vergas, venuto dalla Spagna al seguito del re Pietro III d'Aragona nel 1282, al tempo dei Vespri Siciliani, il quale nel 1318 sposò Margherita La Gurna, nobile damigella vizzinese (nome che riscontriamo nel Mastro don Gesualdo, stabilendosi a Vizzini, che da quel momento fu la terra natale di tutta la discendenza sino a Giovanni Verga Di Stefano deputato al Parlamento Siciliano nel 1812 (nonno del celebre scrittore) che, nel 1838, sposò Caterina Di Mauro Barbagallo (oriunda di Belpasso, stabilendosi a Catania nel vetusto palazzo di via Sant'Anna n°8, recato in dote alla moglie), da cui nacque Giovanni, il futuro scrittore.

Vizzini fino alla prima metà del Seicento ebbe una continua espansione, fino a raggiungere i 16.000 abitanti (più del doppio degli attuali 7.000 circa). Tuttavia, pur essendo diventata un centro sempre più influente, non si interruppe mai l'altalenante storia (già vissuta nel periodo medievale) che la vedeva sempre in lotta con i signori di turno, a cui la città era venduta per rimpinguare le casse reali. Così fu nel 1648, quando venne data in feudo al genovese Nicolò Squittini. Solo dopo trent'anni, nel 1679, grazie all'opera di Giovanni Caffarelli riuscì, come era accaduto altre volte, a riconquistare la propria libertà.

Nel 1693 anche Vizzini subì le conseguenze devastanti del terribile terremoto che rase al suolo molti altri centri del Val di Noto. Morirono circa 2.500 persone, di cui 400 per il solo crollo della cupola della Chiesa Madre, mentre erano in preghiera proprio per scongiurare il pericolo del terremoto che aveva dato un "avvertimento", con alcune scosse di entità minore, proprio due giorni prima di quella letale. Tuttavia, nonostante il terribile evento, Vizzini, così come molti dei centri colpiti, risorse e la ricostruzione fu un evento di grande portata sul piano sia sociale, che artistico e culturale. Ne sono testimonianza i numerosi monumenti religiosi e civili sorti in questo periodo, alcuni dei quali di pregevole fattura.

Durante tutto il XVIII secolo Vizzini seguì le sorti di quasi tutti gli altri centri della Sicilia, con le dominazioni degli Asburgo, dei Savoia, dagli Austriaci e dei Borboni. Vizzini una volta era fiorente con le industrie dei formaggi, della pasta, della concia delle pelli, del sommacco, del legname delle "fiumare"; con i suoi prodotti agricoli ed artigianali esportati nel circondario di Giarratana, Monterosso Almo, Buccheri, Francofonte, Grammichele, Licodia Eubea; e sin dal 1800, quando divenne "città senatoriale", di cui rimane il ricordo tramandato da una lapide sull'ingresso del municipio con le parole S.P.Q.B. (SENATUS POPULUSQUE BIDINESIS), e quando i suoi consiglieri si chiamavano "Giurati", Vizzini splendeva nei commerci, nelle costruzioni, nelle compravendite, di cui rimane traccia sia negli archivi del Comune, che in quelli dei Regi Notai Failla, Selvaggi, La Rosa, Passanisi e Falcone.

Nel 1848, Vizzini partecipò al moto carbonaro, e sventolò per la prima volta in cima al Municipio il Tricolore, ma per poco tempo: le truppe borboniche repressero la rivolta ed i liberali vennero perseguitati.

Nel 1860 molti Vizzinesi seguirono Giuseppe Garibaldi che era sbarcato in Sicilia ed entrarono a far parte delle camicie rosse. Quindi la città votò l'annessione al Regno d'Italia nascente. I sindaci, anche con la nuova monarchia, continuarono ad essere scelti tra i nobili locali: Catalano, Cafici, Passanisi, Gaudioso, Giusino e Caffarelli. Vizzini, come molti altri centri della Sicilia e del Mezzogiorno d'Italia, subì una grande ondata emigratoria dopo l'ultima guerra mondiale (soprattutto verso l'Australia), passando dai 20.885 agli attuali 6.262 abitanti.