Il territorio di Maratea è abitato almeno sin dal Paleolitico medio, epoca a cui risalgono le prime testimonianze archeologiche. Un primo insediamento stabile nacque sul promontorio di Capo la Timpa, a ridosso del moderno Porto, dove è stato ritrovato un villaggio dell'età del Bronzo.

Contemporaneamente alla colonizzazione magnogreca, gruppi indigeni di cultura enotria continuarono ad abitare almeno la costa e da qui intrattennero rapporti di scambio e commercio con i navigatori del Mediterraneo. Il modello insediativo cambiò con la conquista romana, nel III secolo a.C., quando ai villaggi indigeni si sostituirono le villae patrizie. I commerci perdurarono: le villae producevano prodotti agricoli e ittici e li smistavano attraverso l’approdo naturale costituito dall’isola di Santo Janni, sui cui fondali esiste il più grande sito archeologico subacqueo di epoca romana del Mediterraneo.

Nel Medioevo, le esigenze difensive e la nuova centralità di agricoltura e pastorizia spinsero le popolazioni a fissare dimora sulla cima dei monti. Sulla cima del monte San Biagio nacque il centro di Marathia, attestato per la prima volta nella storia scritta nel 1079. All’epoca probabilmente il paese era già passato dal dominio bizantino a quello normanno, e nel 1131 confluì nel Regno di Sicilia e Puglia.

Subentrati gli Angioini agli Svevi, durante la guerra del Vespro Maratea resistette a numerosi attacchi da parte degli almugaveri aragonesi. Alla fine del conflitto il paese rientrò nel Regno di Napoli.

La cittadina fortificata sul monte (poi chiamata popolarmente Castello) non era però in grado di soddisfare i ritrovati stimoli commerciali offerti dal mare in epoca moderna. Un secondo centro sorse su un versante della stessa montagna: è l’attuale centro storico, detto anche Borgo. Qui si concentrò gradualmente la vita economica e culturale della comunità e qui si raccoglievano e smistavano le merci provenienti o diretti da Napoli e dall’entroterra lucano, garantendo a Maratea una florida economia.

Alla conquista napoleonica del Regno di Napoli, Maratea subì un drammatico assedio al suo Castello, difeso eroicamente da Alessandro Mandarini, colonnello borbonico marateota egli stesso. Dopo sei giorni di resistenza, Mandarini ottenne l'armistizio e la vita salva per tutti gli insorti.

Dopo la Restaurazione e la nascita del Regno delle Due Sicilie, la scena della vita culturale e politica della comunità di Maratea fu calcata da numerosi patrioti, martiri del Risorgimento, tra cui si segnala Costabile Carducci, deputato di Capaccio ucciso da sicari borbonici sulla spiaggia di Acquafredda nel 1848.

Nel 1860 Maratea venne coinvolta nei moti della Basilicata per l’Unità e nel 1861 con essa entrò a far parte del Regno d'Italia. Anche nel nuovo scenario unitario Maratea vantò uomini di profilo nazionale, quale fu, nel panorama ecclesiastico, il cardinale Casimiro Gennari.

Maratea entrò nel XX secolo con debole modernizzazione: nel 1894 era arrivata la ferrovia, nel 1921 l'energia elettrica. Maratea divenne però una stazione balneare già prima delle guerre mondiali, e, a partire dal Dopoguerra, entrò nel panorama nazionale quale meta turistica ambita e rinomata.

Il 10 agosto 2015 il comune di Maratea ha formalizzato la propria candidatura per entrare a far parte della lista dei patrimoni dell’Umanità UNESCO.