Epicarmo (in greco antico: Ἐπίχαρμος, Epìcharmos, in latino: Epicharmus; 524 a.C. circa – Siracusa, 435 a.C. circa) è stato un commediografo, filosofo e poeta siceliota.

Secondo alcune fonti sarebbe nato in Grecia, poi trasferitosi in Sicilia a Megara Hyblaea all'età di tre mesi, secondo altri sarebbe nato in Sicilia, a Siracusa o nella città sicana di Krastos. Certamente visse a Siracusa durante i governi dei tiranni Gelone e Gerone. Qui trascorse la sua lunghissima vita ed iniziò la sua carriera poetica di commediografo, probabilmente venendo a contatto anche con Eschilo, di cui si sa che avrebbe parodiato lo stile e, forse, i temi nella commedia I persiani.

Ad Epicarmo erano attribuite più di quaranta commedie, di cui ci restano solo alcuni titoli; da essi si può desumere la predilezione di Epicarmo per la parodia di temi mitologici, episodi dell'epos omerico e personaggi della realtà quotidiana. Alla parodia omerica appartenevano Odisseo disertore (Ὀδυσσεὺς αὐτόμολος), Odisseo naufrago, Ciclope (Κύκλωψ) e le Sirene.

Legate alla parodia eracleica, mettendo in risalto la voracità del semidio e creando un topos poi assai asfruttato nella commedia attica, erano le Nozze di Ebe, Busiride, Eracle e Folo.

Ancora mitologiche erano Pirra e Prometeo, I Dionisi, Amico (Ἄμυκος) e, forse, Le Baccanti, mentre numerose commedie introducevano, anche in forma agonale, figure del quotidiano, come Il contadino, Terra e mare, I furti, La Megarese, che introduceva il tema della iambiké idea, l'insulto personale, di ascendenza archilochea, Visitatori del tempio, Speranza o ricchezza, Discorso e discorsa, I pellegrini, La sfinge, Commiati, Danzatori, Epinicio, Isole.

Platone lo ritenne il massimo rappresentante della commedia, la cui invenzione, peraltro, è a lui attribuita. Sullo stile e sulla tecnica drammaturgica epicarmee ben poco si può dire, stante la ristrettezza delle testimonianze, anche se, vista l'altezza cronologica del drammaturgo,

«c'è chi nega che Epicarmo presentasse nelle sue commedie un coro: è ipotesi insostenibile, probabilmente, se si pensa che alcuni suoi titoli sono al plurale»

(E. W. Handley, La commedia, in Letteratura Greca Cambridge, Milano, Mondadori, 2007, vol. 1, p. 783)

Fu, inoltre, per la sua sentenziosità, ritenuto un pitagorico, come emerge non solo dalla presenza di numerose sue massime in vari florilegi o in vari autori posteriori, come ad esempio, Teocrito:

«Già fu in dorico suon che la commedia Epicarmo inventò. Questi ora, o Bacco, del vero in vece a te sacrato è in rame.
Nell'eccelsa città di Siracusa qual cittadino qui sta, che gran tesori per chi pensava a ricambiarlo avea.
Molte dettò a' fanciulli utili norme di vita. Or molte grazie a lui si denno.»

(Teocrito, Epigrammi, XVII)

ma anche in Quinto Ennio, che nel suo Epicharmus espose le presunte teorie filosofiche del drammaturgo siracusano.