Tancredi d'Altavilla, o anche Tancredi di Lecce della casa d'Altavilla, re di Sicilia (1189-1194), figlio naturale di Ruggero, duca di Puglia, e di Emma dei conti di Lecce.
Alla morte del padre Ruggero (1149) figlio del re Ruggero II, Tancredi diviene Conte di Lecce. Nel 1154 morto Ruggero II, il conte di Lecce è contrastrato dallo zio Guglielmo I, che vedeva in lui un possibile avversario per la corona di Sicilia. Per tale motivo è costretto a raggiungere via mare Costantinopoli, dove trova altri esuli normanni. Nonostante i tentativi bizantini di penetrazione nel Sud, Tancredi deve restare lungo tempo nella capitale bizantina tanto da ritornare definitivamente in Puglia solo alla morte dello zio. Immediatamente, siamo nel 1166, Tancredi riacquista la contea.
Del conte di Lecce restano 8 documenti pubblici, si tratta di atti emanati fra il 1169 e il 1190. Durante il regno di Guglielmo II, Tancredi acquista simpatie sempre più crescenti in tutto il regno. La sua personale potenza è ormai riconosciuta quando re Guglielmo II muore senza eredi diretti nel 1189. Tancredi è fra i baroni normanni, il maggiore pretendente alla corona. Egli è un uomo ben maturo, normanno discendente per linea diretta dal fondatore della monarchia. Inoltre ha patito l'esilio a Bisanzio, ha comandato l'esercito in azioni militari, e pure, se non proprio facoltoso, dispone di larghe proprietà terriere.
Il principale avversario di Tancredi è Enrico figlio di Federico Barbarossa, sacro romano imperatore. Enrico, infatti, ha sposato, anni prima (1186), Costanza d'Altavilla, figlia di re Ruggero, nata nel 1154.
Palermo, la Corte, è divisa. Può appoggiare un barone normanno sperando in un riconoscimento papale, o dare atto alla manovra concepita anni prima. E' indubbio, infatti, che il matrimonio di Costanza fu visto nell'ottica di dare comunque un erede normanno al regno, se come destino pareva, il re fosse morto senza prole. Attorno a Tancredi si coalizza una parte consistente della nobilità, l'alto clero siciliano, di fatto autonomo da Roma, ma anche quelle borghesie mercantili di Palermo e Messina. Questa coalizione ha un grosso vantaggio nella lontananza di Enrico, impegnato nella reggenza del regno germanico essendo il padre impegnato in Terrasanta.
Nel novembre 1189 Tancredi è a Palermo. Il cancelliere Matteo, è fra gli altri, colui che più si prodiga per sostenere Tancredi a capo del regno. Quella linea passa e il nostro è incoronato re di Sicilia, subito arriva anche il riconoscimento papale. Del resto la politica pontificia non era mutata da quando (1127) Onorio II aveva contrastato l'unificazione del Sud. Ora si tratta di tenere ben separati il regno nel Sud, e il regno germanico; la Chiesa teme fortemente l'accerchiamento di una sola grande potenza.
Le complicazioni non mancano. La moglie del re Guglielmo, Giovanna è figlia del re d'Inghilterra, Riccardo, passato alla storia con l'appellativo Cuor di Leone. Il re degli Angli transita per il sud nel 1190, diretto all'isola, per imbarcarsi alla volta della Terrasanta per la crociata. Il denaro della ricca cassa siciliana basta per pagare Riccardo, che desiste dal portare avanti rivendicazioni, di ogni sorta, sull'isola.
Le manovre militari sono però all'orizzonte. Enrico VI di Svevia, frattanto succeduto al Barbarossa, con la consorte, e il suo esercito al completo, marcia alla volta di Roma, per ricevere dal papa la corona imperiale. Ed è facile aspettarsi che non si sarebbe limitato ad una gita turistica nella città leonina. In mare aperto già si concretizza un duro scontro, la flotta siciliana è impegnata da quella pisana. In gioco, oltre immancabili interessi economici ci sono motivi politici, Pisa infatti è alleata dell'Impero. Gli scontri si risolvono in favore dei siculo-normanni. Sul versante di terra, le cose per Enrico non vanno meglio; una grave pestilenza mette scompiglio nell'armata imperiale. Tancredi riesce finanche ad intercettare la zia, l'imperatrice Costanza, e la costringe ad una dura prigionia.
Nel 1192 Tancredi può stipulare una tregua con l'odiato rivale per il rilascio di Costanza. Nonostante la guerra e i contrasti interni, di cui il re porta gravi responsabilità, può dedicarsi alla pubblica amministrazione. Il diplomatico superstite di re Tancredi è di 35 atti, circa altrettanti sono deperditi, ma di moltissimi non resta alcuna traccia. L'intestazione abituale è Tancredus Divina favente clementia Rex Sicilie ducatus Apulie principatus Capue. Come si vede il ducato di Puglia e il principato di Capua pur unificati al regno restano domini separati nel titolo. Certi documenti, fanno pensare che nel nord ci sono signori che governano per mandato imperiale e comunque non regio. Col primo documento rimastoci, del 1190, annette Barletta al demanio regio.
Tancredi ha associato al trono il figlio Ruggero, un modo non tanto sottile per dire che, dopo di lui, la successione è assicurata. Ma il figlio muore, e l'altro Guglielmo è ancora fanciullo, quando Tancredi lascia questo mondo nel 1194. La moglie Sibilla, è chiamata alla reggenza del regno per Guglielmo III. Ma la nuova offensiva di Enrico VI non trova praticamente rivali, entra a Palermo, con Costanza e il figlioletto Federico Ruggero; così re Enrico può finalmente promuovere l'unio regni ad imperium. Dopo morto, sarà l'imperatrice Costanza, per un breve periodo, a governare il regno, ma è chiaro, ormai, che il periodo normanno si è concluso. Dalla stirpe normanna sta per emergere una figura grande, immensa, unica nella storia.