La storia dell’odierna Santa Maria di Licodia (Inessa; greco: (Ἴνησσα), ha origine remotissime che si perdono nell’oblio del tempo e della storia. Secondo quando affermano numerosi storici, la città odierna sorge in loco dell’antica città di Inessa, le cui genesi risalirebbe all’epoca della dominazione Sicana della Sicilia, ovvero al secolo XII o XI a.C. Ciò trova riscontro in un testo dell’autore greco Polieno il Macedone, il quale al capitolo V dei suoi “Stratagemmi” narra di un artificio di Falaride a danno della città di Inessa;

Gerone I tiranno di Siracusa, si impose con la forza per affermare l’autorità delle città doriche sulle calcidiche. Marciando quindi su Catania, la conquistò, popolandola di coloni greci e siracusani e mutò il suo nome in Etna, dal vicino vulcano nell’anno 476 a.C.

Al suo breve governo successe il fratello Trastibulo, che però a causa del suo mal governo dovette fuggire. Caduta la dinastia Gelonica, i catanesi cacciati dalla loro patria, approfittando della disfatta di Trastibulo e con l’ausilio del principe siculo Ducezio, marciarono verso la città. Gli etnei (catanesi), cacciati dalla città, ottennero di potersi ritirare nella città di Inessa, che occuparono nel 461 a.C. In memoria dell’antica patria perduta essi ne mutarono il nome in Etna Gli storici però non dimenticarono l’antico nome, e chiamarono la città promiscuamente sia Etna che Inessa.

Durante il periodo di dominazione romana della Sicilia, esattamente ai tempi del grande Cicerone (73-70 a.C.), la città di Etna era alquanto famosa per la coltura del grano. Essa faceva parte delle città dette “Decumane”. Come tutti i centri siciliani, toccò anche ad essa la sorte di subire le angherie del Console Romano Caio Verre. Narra Cicerone, nel libro III delle Verrine, un fatto avvenuto nel foro di Etna.

Verre in tale periodo, faceva preparare agli abili tessitori della città, delle stoffe pregiate in porpora. Etna, come altre città della Sicilia, possedeva la sua zecca in grado di coniare monete. Filippo Paruta ne descrive due esemplari; in una moneta erano rappresentati la testa di Apollo e nel rovescio un milite armato con asta. Un altro conio raffigurava la testa della dea Cerere coronata di spighe, e sul rovescio la cornucopia. Entrambe portavano incisa la scritta “Aitnain”. Appo Antonio, nel suo itinerario delle città romane parla di Etna, segnandone le distanze. Della città si hanno notizie fino all’epoca imperiale, 117 d.C. ma nessuno segna la data della sua decaduta, né l’evento che segnò la sua definitiva distruzione, probabilmente dovuta a movimenti tellurici.