Acróne di Agrigento (in greco ῎Ακρων ; in latino Acro) (medico greco, Agrigento, V sec. a.C., fl. 440 a.C.).
Nato ad Agrigento dal filosofo greco Zenone di Elea, cominciò i suoi studi di retorica e filosofia ad Atene, insieme al concittadino Empedocle.

Divenuto abile ed applaudito retore, diresse ben presto i suoi studi verso l’arte della medicina viaggiando sia in Egitto che in Asia per fare esperienza che gli valse anche profonde conoscenze anatomiche. E fu proprio questo suo itinerare, oltre che per approfondire le sue cognizioni mediche anche per visitare di città in città le persone inferme, che gli valse anche il titolo di medico periodeuta. Anche se fu periodeuta - come lo furono molti altri medici pitagorici che non si dedicarono alla ginnastica - Acrone seppe distinguersi da questi per aver privilegiato il metodo sperimentale allontanandosi dalle sette filosofiche del suo tempo.

Per certo sappiamo che Acrone sperimentò per primo la medicina ad indirizzo empirico in Sicilia [al riguardo ve ne sono testimonianze anche in Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia, XXIX, 1, 5: “...Alia factio (ab experimentis cognominant empiricen) coepit in Sicilia, Acrone Agragantino Empedoclis physici auctoritate commendato.” ossia “...Un altro indirizzo (che per la sua sperimentazione viene detto empirico) cominciò in Sicilia, con Acrone di Agrigento raccomandato dall'autorità di Empedocle fisico. )].  Alla base della concezione della medicina di Acrone vi erano l’osservazione diretta e l’esperienza, tanto che ad Acrone viene attribuita la fondazione della medicina induttiva (che avrebbe successivamente caratterizzato la Scuola ippocratica).

Tra i vari autori che commentarono Acrone, citiamo anche Charles Wells Moulton (1859 – 1913) nella sua opera “A Biographical Cyclopedia of Medical History” ( Ch. I – III, 1905): ”Il nome di Acrone è menzionato da Plinio come il primo che tentò, su alcuni principi generali, di applicare il ragionamento filosofico alla scienza medica; anche se abbiamo scarse conoscenze riguardo alla sua storia e al suo carattere, né abbiamo alcuna memoria circa i principi che adottò...(continuando poi) Plinio la attribuisce ad Acron (intendi la scuola empirica), un medico della Sicilia, il quale era contemporaneo, se non precedente ad Ippocrate.”.

Nonostante l’Ortolani riporti che alcuni attribuivano a Galeno l’affermazione che la medicina empirica sia da attribuire in verità  a Filistione (come risulterebbe dallo scritto “Subfiguratio empirica” attribuito allo stesso Galeno), altri autori, tra i quali lo stesso Ortolani, affermano invece che in verità fondatore di detta Scuola sia invece stato Acrone. L’opinione comune infatti vedeva un Galeno che considerava la medicina empirica stabilita da Acrone contraria alla filosofia medica di Empedocle ed un Pausania, di costui discepolo, discordare con Filistione, il quale si era dichiarato fautore dell'empirismo.

Possiamo comunque desumere l’avversione di Acrone nei confronti dei principi dogmatici dei medici del suo tempo, i quali erano andati allontanandosi dalla mera constatazione dei fatti accostandosi invece di più alla metafisica delle concezioni filosofiche. L’osservazione e l’esperienza poste da Acrone innanzi ad ogni teoria e ad ogni ragionamento; la derisione dei miracoli e degli incantesimi, predicando il potere dei rimedi di origine naturale; la valutazione dell’influenza delle grandi vicende meteorologiche sull’organismo umano: di qui scaturiscono l’impulso e l’indirizzo che Acrone seppe dare alle cognizioni mediche del suo tempo, che precedette immediatamente il fiorire della scuola ippocratica.

Proprio il suo atteggiamento empirico, come rilevò lo Sprengel, sta alla base della rivalità e dell’antipatia tra Acrone ed il coevo Empedocle, più che l’eccellenza di Acrone nel campo della medicina (che pure probabilmente gli valse l’attributo di “sommo”, che è appunto il significato di “Acrone”). Riguardo ad Empedocle citiamo l’Ortolani: “(Empedocle) non tralasciò la menoma occasione per farlo comparire qual uomo altiero (intendi Acrone), e pieno di vanità (secondo quanto narra, cita, Diogene Laerzio).”

Riguardo tale rivalità, leggiamo in Diogene Laerzio, il quale cita anche lo storico siceliota Timeo di Tauromenio, in EMPEDOCLE - VITA E DOTTRINA. – VIII, 65: “...Un'altra volta, poiché il medico Acrone chiedeva un'area dal Consiglio, per innalzare un monumento funebre al padre in riconoscimento della sua eccellenza nell'arte medica, Empedocle, che frattanto era sopraggiunto, gliela fece negare; e dopo aver parlato dell'uguaglianza politica, fece ancora questa domanda: quale iscrizione in metro elegiaco vi porremo? forse questa, “Il sommo medico Acrone, agrigentino, cui padre era Acrone,/ nasconde il sommo tumulto della somma patria./?”; altri riportano il secondo verso come segue: “.../custodisce il sommo sepolcro della somma vetta./?”.

(Questa coppia di versi viene da alcuni attribuita a Simonide). In tal caso rimane comunque incerta la traduzione dell’attributo “acrone” che, come dianzi detto, significa “supremo, sommo”.

La Suda, dal canto suo, ci riporta una versione latina dell’epitaffio ("Acronem summum Medicum summo patre natum, in summa tumulus summus habet patria.", la cui testuale traduzione non può che essere la seguente: “"Acrone, il più eminente tra i medici figlio di un padre eminente, giace in questo tumulo eminente nella patria eminente"). Difatti, la Suda ci parla anche più ampiamente del rapporto tra Acrone e lo stesso Empedocle, oltre che dell’epitaffio sulla lapide fatta erigere da Empedocle su pressione dei cittadini: “...Acrone, di Agrigento, medico, figlio di Zenone. Dava dimostrazione della sua sapienza contemporaneamente ad Empedocle. È dunque più anziano di Ippocrate... Per lui Empedocle compose un epigramma mordace.”. E ancora, ne ”Le Grand Dictionnaire Historique” di Louis Moréri (1643 – 1680), leggiamo: “...nonostante queste opposizioni, i cittadini acconsentirono facilmente a queste richieste e sulla lapide fu inciso un ironico epitaffio attribuito ad Empedocle o a Simonide.”.
Nell’originale versione in greco tale epitaffio suonava così: Ακρον ιητρον Ακρων' Ακραγαντινον πατρος ακρου Κρύπτει κρημνός άκρος πατρίδος ακροτάτης

Alla pratica medica che Acrone fece in Egitto sembra essere legato il racconto che lo vede applicare una preparazione salvifica e miracolosa in occasione dell’epidemia di peste di Atene del 430 a.C.. Al riguardo il letterato Giuseppe Emanuele Ortolani (1758 – 1828), nella sua  opera biografica richiamata nella “Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de loro rispettivi ritratti compilata dal Sig. Domenico Martuscelli...– Tomo I –“, ebbe a scrivere: “E’ opinione di molti illustri scrittori come di Aezio, Tiraquello, Paolo d’Egina, Vossio, Hoffman ec., che ...Acrone abbia liberato gli Ateniesi da questo flagello (intendi la peste) con far accendere dei fuochi in molte parti della Città, metodo che avea imparato dagli Egizi.” (al fine di purificare l’aria) [d’altronde un richiamo a questo fatto lo possiamo trovare nel “Περὶ τοῦ κατ'Ἷσιν λόγου καὶ Σάραπιν” (“De Iside et Osiride”), 79, pag. 383, di Plutarco, laddove scrive:” Dicono che il medico Acrone divenne famoso ad Atene al tempo della grande pestilenza, per aver dato disposizione di ardere un fuoco presso i malati”]. E non solo, ma anche in altre fonti (Aezio di Amida, Amideno, Tetrabiblios tetrab. II - Serm. I, 94; Oribasio, "Synopsis ad Eustathium", VI, 24; Paolo di Egina, II, 35).

Ad Acrone di Agrigento (concorde Conrad Gesner) vengono attribuite alcune opere (di cui nessuna pervenutaci), tra cui il “De Arte Medica libros dorica lingua" e quasi unanimemente il "De salubri victus ratione librum unum" [leggiamo infatti nella Suda: “...Scrisse (intendi il medico Acrone) un'opera Sulla medicina, in dialetto dorico, Sul vitto delle cose salutari in un libro. Anche costui è uno di quelli che diagnosticarono un certo tipo di respiro...” ( Ἄκρων, Ἀκραγαντῖνος, , ἰατρός,... ἔγραψε Περὶ ἰατρικῆς δωρίδι διαλέκτωι, Περὶ τροφῆς ὑγιεινῶν βιβλίον α̅. ἔστι δὲ καὶ οὗτος τῶν τινα πνεύματα σημειωσαμένων. εἰς τοῦτον ἐποίησεν Ἐ. τωθαστικὸν ἐπίγραμμα”)].

Ed altri autori (v. ad esempio W.A. Greenhill, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology 1: 14–15) citano notizie di altre opere che fonti antiche (tra cui la stessa Suda) attribuirono ad Acrone.